Siamo tutti in pericolo
Siamo tutti in pericolo ma non ce ne rendiamo conto.
Ieri leggevo di un’applicazione che ti permetterebbe di ritrovare una persona che hai incontrato per strada ma della quale non conosci il nome.
Questa cosa fa paura.
Se non ci conosciamo è perché non ci vogliamo conoscere ma, per quanto mi riguarda, se ci vuoi provare, puoi tentare alla vecchia maniera.
Mi guardi negli occhi e mi chiedi come mi chiamo, col rischio di beccarti un NO.
Ma se al contrario, mi piacessi fisicamente?
Posso io interessarmi ad un codardo (o uno stalker) che usa un’App piuttosto che tirar fuori quel minimo di virilità che serve per chiedere un numero di telefono?
Tu lo sai che effetto fa ad una donna, un uomo che la guarda dritta negli occhi e le dice “Tu mi piaci”?
Ah già.. E’ più facile vivere di espedienti, scorciatoie, surrogati.
Siamo tutti in pericolo.
Vuoi dire qualcosa senza dire niente?
C’è Whatsapp.
Vuoi polemizzare con un conoscente senza assumerti la responsabilità di un contraddittorio?
C’è Facebook.
Vuoi trovare da scopare?
C’è Badoo.
Vuoi mangiare in santa pace?
C’è lo smartphone da dare ai tuoi figli per tenerli fermi.
Non hai voglia di leggere una favola?
Ci pensa il tablet a farti da tata.
Poi c’è l’App per cucinare, quella per fare sport, quella per le pettinature, quella per cambiarti faccia, quella per insegnarti a dare pugni in faccia, quella per farti addormentare, quella per qualunque cosa ti piaccia fare.
E’ semplicemente tutto “lì dentro”.
Ragazzi, il guaio è che anche noi siamo “lì dentro”.
Siamo pesci senz’acqua intrappolati in una boccia di vetro, che ammirano un mondo di cui non sentono gli odori, un secondo prima di iniziare a boccheggiare.
Siamo tutti in pericolo.
Chini sulla nostra piccola finestra robot, camminiamo per strada senza mai guardare il cielo ma intenti a parlare al mondo, con una lingua che non abita più nelle nostre bocche.
Abbiamo maggior rapporto con un semi sconosciuto in Australia che col fidanzato sulla poltrona di fianco.
Ci facciamo le foto ma non ci guardiamo negli occhi, tagghiamo tutto e tutti dall’interno di un bagno.
Le nostre vacanze sono tristi fotocopie ripetute; vomitate di selfie depurati dalle rughe, senza uno straccio di mare che si possa ammirare.
Ci hanno inventato anche il bisturi indolore, che ci convince che siamo sempre belli come in quella foto che, dopo mille scatti, è venuta finalmente bene.
Mangiamo cibi precotti e frutta già sbucciata, se le vitamine vengono perdute le reiniettiamo.
Ingoiamo barrette a non finire perché non abbiamo più il tempo per fermarci a pranzo o di cucinare.
Siamo tutti in pericolo.
Apriamo il web in continuazione e cerchiamo qualcosa che “Mr. Motore Dittatore” si ricorderà per gli anni a venire, per potercelo proporre fino a che, addomesticati, non decideremo di acquistarlo, nella smorfia di un sorriso, tristemente annoiato.
Per quello che non compriamo sull’etere, ci facciamo abbindolare dagli sconti del supermercato, registrando così tutte le nostre abitudini d’acquisto sulla loro maledettissima tessera fedeltà.
E mentre loro studiano i dati su quanti profilattici compriamo al mese, per venderli a chi ci costruisce una campagna atta a forzare il nostro bisogno di scopare senza avere figli, noi camminiamo nudi lungo una strada ricoperta di scanner, col sorriso beota di chi si sente al sicuro.
Siamo gli Indiani d’America con una bottiglia d’alcool in mano, donato dal gentile colonizzatore.. La storia si ripete..
Siamo tutti in pericolo.
Stiamo facendo un’ indigestione abnorme, la spazzatura è il primo credo di questo nostro bulimico momento di storia occidentale.
Distribuiamo oceani di emoticons a cuore ma non abbiamo più tempo di fare una telefonata a nostra madre, di stringerla in un abbraccio, di farle capire che le vogliamo bene.
Siamo pieni di amici scienziati che ripropongono perle di saggezza strumentalizzate, appartenenti a qualcuno che fino a tre minuti prima non sapevano neanche chi fosse e tre minuti dopo se ne saranno già dimenticati.
Ci bombiamo di bufale e spammiamo bambini in fin di vita sulle bacheche, fregandocene della dignità di chi non ha ancora l’età per scegliere da chi volersi fare vedere nel pieno della sua sfortuna.
I nostri amici poi chi sono?
Quelli che ci parlano per chat ma non ci salutano per strada?
Ragazzi siamo in pericolo.
E’ accaduto tutto troppo in fretta e noi non eravamo pronti.
Questa è la generazione che pagherà il prezzo di un essere scollato tra ciò che gli hanno insegnato da bambino ed il vortice nel quale è stato risucchiato.
Molte delle nostre teste, saranno bruciate; da un onda elettromagnetica, da una malattia della psiche, dal bisogno di continue conferme nella celebrazione plateale della mediocrità quotidiana.
Leggeremo sempre meno libri perché ci basterà la cultura attinta dal Social la mattina, seduti sulla tazza del water.
L’unico ambito sul quale lavoreremo sodo, sarà quello di trovare un modo per fare poca fatica a guadagnarci qualcosa.
Qualche giorno fa ho chiuso il mio profilo personale Facebook; volevo disintossicarmi da tutto il rumore, incluso quello che fabbricavo io stessa.
Dopo un paio d’ore sono entrata nella pagina che gestisco per promuovere ciò che scrivo e “L’entità Blu”, mi aveva chiuso anche quella, insieme al mio profilo.
Mi sono sentita ricattata, più al guinzaglio di un cane, ma sudavo perché avevo paura che la fatica e la tenacia degli ultimi mesi venissero completamente cancellate.
Sono rientrata allora, legandomi da sola il collare al collo, nell’umiliazione di essere l’ennesima banale schiava di quest’epoca.
Allora ho ricordato una frase che nel mio mondo si ripete spesso: “Se il servizio è gratis, il prodotto sei tu”.
E mi è venuta una disperata voglia di urlare.
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