Stop. Fermati!
Stop.
Fermati.
Ti senti?
Sentiti.
Ho passato così tanto tempo a correre per non fare stop che quando sono rimasto fermo mi ha assalito facilmente quel terrore assurdo che parte dalle gambe e arriva fin su alla schiena.
E la cosa fa ridere un bel po’ dal momento che le gambe, le mie gambe reattive sul pedale dell’ acceleratore, io non le ho più.
A volte mi sembra di sentirle ancora; mi chino a grattarmi la pelle dei piedi in modo così spontaneo che capisco che una riminiscenza radicata negli anni è molto più pesante dell’ovvietà di una situazione.
Sono senza gambe ma la mia testa, alle volte, se le inventa ancora.
Giusto, la mia testa, quella che per prima ha dato di matto quando si è accorta dell’impossibilità di muovere, in tempi brevi, un corpo da una parte amputato al ginocchio, dall’altra appena sotto.
Mi sono dovuto fermare, mio malgrado, benché fossi bravo soprattutto nel correre.
In realtà sul correre ci ho costruito la mia vita, la mia fortuna, la mia gioia.
E poi, tutto d’un tratto: stop, ero fermo.
E non bastavano a rasserenarmi tutte le volte in cui ho ripensato al fatto che non potevo farci nulla quando, a tredici giri dalla vittoria, per del liquido sulla strada, non ho avuto più il controllo della mia traiettoria..
Così, per fato, semplicemente per quello, mi sono fermato.
Non l’ho scelto, non lo volevo, non l’avrei mai pensato.
Più delle mie gambe, più degli occhi pesti di chi mi ama, appoggiati sulle coperte dell’ospedale, più del dolore, mi è costato questo Stop forzato da colui il quale sono sempre stato: uno che non si ferma mai.
Fermarsi fa paura, tutto ti rimbomba addosso, in special modo il silenzio del del tuo passo in contrasto con il peso delle domande che ti saltano addosso.
Perché, perché, perché?
Che cosa mi è rimasto?
A queste domande, da fermo, ad un certo punto ho dovuto rispondere e, facendomi quelle giuste, ho ricominciato a “camminare” e a vincere delle altre gare; diverse certo, ma non meno importanti.
Nell’atmosfera chirurgica dell’assenza, ho cominciato a notare meglio ciò che ho ancora da usare, rispetto a quanto mi manchi.
Infatti, se ci pensi a modo, io non corro più il rischio di buscarmi un raffreddore camminando scalzo e mi basta una brugola per raddrizzarmi le caviglie..;-)
Ho l’esempio che posso dare e la forza che ho guadagnato durante questo stop forzato.
Ho potuto maturare un piano, un obiettivo che sposasse la responsabilità di far sapere al mondo e in primis ai miei cari, che anche quando manca parte del corpo, si è comunque vivi.
Ho la possibilità di usare la voce al posto di chi non può o non riesce a parlare..
Posso essere d’esempio; un esempio positivo.
Ne ho la forza e quindi ne ho anche l’obiettivo.
Per questo ti esorto a forzarti in uno stop, se sei in un periodo difficile da superare.
Datti lo spazio per ragionare, guarda a ciò che possiedi e non sprecare parole per buttare addosso agli altri il tuo dolore.
Vedi che tutto diventa più chiaro?
Senti che il cuore ricomincia a battere a tempo, che è sparito il cerchio dalla gola e che le persone ti regalano qualcosa di buono ogni giorno?
Fai uno stop e poi riparti più forte di prima.
E per tutte le volte che ti sembrerà di non farcela, immagina di essere le mie gambe, nei 13 giri di circuito che ho ancora da finire, per vincere quella maledetta gara.
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