Il male minore
Il male minore è quel sentiero che prendi ad un bivio, quando sei molto indeciso sul da farsi e sai per certo che ovunque deciderai di camminare dovrai affrontare fatica e frustrazione.
Su una bilancia che contempla due scelte è semplicemente quella meno dolorosa.
Spesso si tratta di un percorso per il quale possiedi un gps nuovo di zecca che ti permette di non fare neanche la fatica di prendere in mano una cartina e magari verificare che, con una strada diversa, potresti vedere anche il mare.
E’ solitamente la scelta più razionale, quella che porterà al massimo ad un piccolo danno che, col tempo, potrai superare.
Il male minore è una cagata pazzesca.
E’ un nuovo uomo, che non ti fa sentire completamente tranquilla ma “meglio che stare da sola”; è un lavoro che non ti piace, che non ti fa’ canticchiare la mattina ma “sai di questi tempi un posto fisso”; è un amico al quale non puoi dire tutto ciò che pensi ma “almeno venerdì so con chi uscire”.
Sintetizzando: è la marca “farlocca” di tutti i pezzi della tua vita che avresti desiderato originali.
Ormai siamo così culturalmente abituati a scegliere tra tanti tipi di male che non ci rendiamo più conto che esistano anche concetti quali benessere, soddisfazione, felicità.
Chi ha deciso che questo sia il massimo a cui possa aspirare, che mi debba accontentare?
Chi ha stabilito che davanti ad un bivio la mia scelta si debba dividere tra “schifo” e “meno schifo”?
Semplice: l’ho deciso io.
C’era una volta un giovane me che raccontava a mamma e papà cosa avrebbe voluto fare da grande.
Lui costruiva castelli di carte e lo faceva mille volte, malgrado volassero via al primo movimento del tavolo.
Era lo stesso che non conosceva il significato di male minore ma, a torre conclusa, fingendo starnuti per farla cadere, cominciava a ridere fino a stare male.
Non aveva paura di ricominciare.
Poi è cresciuto e le voci attorno a lui hanno cominciato a ripetere che ciò di cui disponeva fosse il massimo a cui potesse aspirare.
Lui ci ha creduto; così ha smesso di essere curioso, di studiare, di stupirsi, di scegliere solo chi lo faceva stare davvero bene.
E piano piano ha deposto il camice bianco delle aspettative, ha infilato una anonima maschera nera e rantolando è passato al lato oscuro della forza: l’omologazione al “male minore”.
Ringraziare per tutto ciò che possediamo, usarlo per fornire un contributo al mondo, per lasciare un piccolo segno positivo è sicuramente un dovere.
Utilizzarlo per giustificare il nostro “accontentarci” non solo è un sacrilegio ma arriva vicino alla mia definizione di “morire”.
Far correre i giorni della settimana per essere felici solo al venerdì sera con un bicchiere di prosecco in mano è morire.
Fare solo ciò che conosciamo e ci rende sicuri è morire.
Smettere di studiare, di capire, di essere curiosi è morire.
Aver paura di azzardare, paura di sbagliare, paura di cadere, paura in generale è morire.
Scegliere sempre il male minore è morire.
Lo sapete che una persona abituata a soffrire di crisi di panico supera un evento traumatico molto più velocemente rispetto a qualcuno che non ne ha mai sofferto?
Chiedete ad un bimbo quante cadute ha subito, quante ferite ha curato, prima di imparare ad andare in bicicletta senza rotelle.
Non avete un bimbo a cui chiederlo?
Chiedetelo al bimbo che siete stati.
Anzi, dato che ci siete, fate a quel bimbo una semplice domanda.
– Sei davvero felice?-
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