Quindi ti dico addio
-Quindi ti dico addio..-
Ho ancora il tono della tua voce che mi pulsa nelle orecchie.
Mi pulsa, hai capito bene, come può pulsare una vena nel momento stesso in cui si apre una ferita.
Era sereno, quasi per niente affaticato dal dispiacere.
Appariva come il tono dedicato ad un’ordinazione, diretta al cameriere di un bar.
Io non sono il tuo cavolo di cameriere, ti è chiaro?
-Quindi ti dico addio..-
Questo gioco perverso del lasciarmi per tornare lo hai fatto così tante volte che adesso non solo non ci credo: io ti sto aspettando.
Fatti avanti, sono pronta.
Sappi però che stavolta non ammirerai soddisfatto il mio dolore nudo che si veste di gratitudine per il tuo ritorno.
Non mi puoi ordinare sesso in insalata per tre anni e poi di colpo farmi capire che il condimento che mi hai costretta ad utilizzare non ti piace più.
Chi sei, chi credi di essere?
Ma soprattutto: chi credi che io sia?
Hai combattuto una guerra da titano solo perché rivolgessi il mio sguardo verso di te quando non avevo neppure intenzione di interessarmi al fatto che semplicemente esistessi.
Mi hai comprato rose e regalato parole complimentose come fossi una Dea e nemmeno ti sei reso conto che le rose le detesto quanto detesto ogni altra singola banalità.
Eppure ho cercato di forzare i miei occhi a guardare i tuoi così tante volte che alla fine mi son convinta di essere a casa.
Una casa angusta, completamente arredata delle tue aspettative su di me: così tanto stretta da sentirmi perennemente soffocare.
Non riesco a capire il perchè io abbia deciso di dimorarvi, ancora me lo chiedo mentre mi si strazia il cuore per il tempo che nessuno mi restituirà.
Con me hai semplicemente scommesso che fosse per te possibile acchiappare un alito di vento per barricarne la spinta vitale dentro una bottiglia dal misero tappo di sughero.
-Quindi ti dico addio..-
Ho visto una volpe una volta, chiusa in una gabbia non più grande della scatola di una lavatrice.
Si logorava in un ripetitivo deambulare al suo interno, era triste e rassegnata ad uno spazio che sapeva, non poteva contenere tutta la sua vita.
I bambini al mio fianco la guardavano ridendo, io avevo solo voglia di scardinare quelle sbarre per darle una possibilità, ben consapevole che avrebbe finito per tornare dentro al logorio delle sue zampe, nel claustrofobico percorso della sua schiavitù.
Non sarebbe bastato urlare per allontanarla, lei mi avrebbe guardata sconfitta e sarebbe rientrata.
Fino a ieri quella volpe ero io o almeno, lo ero tutte le mattine quando guardavo i miei occhi da truccare allo specchio, sempre con lo stesso trucco, quello che piaceva a te.
Ma una volpe imprigionata non mantiene il manto luccicante della volpe libera e a te piacciono i manti luccicanti, non è vero?
Come hai fatto ad imprigionarmi coi fiori sbagliati, i colori sbagliati, gli spazi angusti ed il peso insopportabile dei tuoi desideri?
Come te l’ho fatto fare?
Quando ho smesso di credere che il mio bosco fosse meglio del tuo cibo e che i tuoi sguardi su di me fossero più preziosi di quelli guadagnati giorno per giorno durante le sorprendenti avventure del vivere?
Ieri mi hai trattata come un’ ordinazione e sai una cosa: questo ero, un’ordinazione al bar.
Ma il dolore sordo che si era formato a sacca nel mio cuore, ha finalmente trovato sfogo nella ferita dell’ennesimo, ridicolo addio.
Ho pianto tutta la notte perché mi mancava la tua gabbia.
Ho guardato i miei occhi gonfi allo specchio e stavo cominciando a truccarli del solito colore.
Poi mi sono fermata, col rossetto tra le mani.
L’ho scagliato per terra con una violenza tale da schizzare il pigmento su tutto il pavimento.
Macchie color rosso sangue; da oggi però sarà il tuo.
-Quindi ti dico addio..-
Ho sorriso.
Ho raccolto ogni pezzo del mio rituale da terra e dall’armadio dei prodotti di bellezza.
Ho gettato tutti i tuoi comandamenti dentro un anonimo sacchetto nero e l’ho unito alla spazzatura di casa.
Ho riaperto una vecchia scatola che conteneva i colori della mia perduta libertà.
Ho deterso tutto il viso e ho ricominciato a truccarmi da capo.
Mi sono fermata sull’immagine di me; ho qualche ruga in più ma nessun segno di ferita che sia visibile al mondo.
Questo pomeriggio farò un giro d’acquisti in profumeria.
Sulla mia pelle, di te, non deve albergare nessun colore e soprattutto mai più alcun odore.
“..Sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma
rimane la cera e non ci sei più..”
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